Riduzione embrionaria. Una storia vera

Riduzione embrionaria

Sai in cosa consiste la riduzione embrionaria?

Lascia che te lo racconti in una vera storia di terrore. La riduzione embrionaria consiste nell’eliminare uno o più embrioni che si sono impiantati in seguito a un transfer plurimo di embrioni.

In quasi 11 anni di esperienza nel settore della Riproduzione assistita, sapevo che avrei ancora avuto molte cose da imparare, ma ero sicura che poche cose potevano ormai continuare a sorprendermi o lasciarmi senza parole. Mi sbagliavo.

Una telefonata, un racconto dell’orrore

Sono le 16:30, come sempre faccio le mie ultime chiamate prima di chiudere il computer. Dall’altro lato un uomo che mi aveva inviato una richiesta d’informazioni per il trattamento di Ovodonazione. La prima cosa che faccio, quando chiamo, è chiedere di raccontarmi la propria storia e la propria esperienza nella ricerca della gravidanza. In questo modo molti pazienti sanno che io sono li per ascoltarli.

Lui mi racconta che hanno fatto 4 ovodonazioni. Il suo racconto è un po’ confuso, inizialmente mi parla di 4 transfer in fresco, poi 3 in fresco e 1 da congelato, poi del transfer di 4 embrioni nello stesso tempo, e infine il transfer di 2 embrioni al 5º giorno di sviluppo embrionale e 2 al 7º giorno di sviluppo sempre nello stesso ciclo. Cerco di capire bene ma mi dice che sua moglie saprebbe sicuramente darmi dei dati più chiari, che lui non riesce a ricordare bene. L’unica cosa che di sicuro ricorda è di aver dovuto fare una riduzione embrionaria.

A questo punto cerco di capire meglio e comincio a fargli delle domande sulla sua unica certezza: la riduzione embrionaria, cercando di capire come sono arrivati fino a quel punto.

Riduzione embrionaria

Il centro a cui ci siamo rivolti trasferisce fino a quattro blastocisti per volta. Nel loro paese è legale“. Per fortuna il pover’uomo non ha potuto vedere il terrore nei miei occhi. Quattro blastocisti allo stesso tempo. Era una cosa a cui non riuscivo a credere. “Lo fanno spesso, e hanno ottimi risultati, conosciamo molte coppie che hanno fatto un trattamento presso di loro e hanno avuto i loro bambini”.

“È da pazzi”, avrei voluto gridargli! Ma mi sono contenuta, forse ancora incredula.

“Mi sta dicendo che avete trasferito quattro blastocisti? Giusto?” – “Si, risponde lui, ed è andata bene perché se ne sono impiantati tre“. Certo, ho pensato tra me e me, fortuna che non si sono impiantati tutti e quattro o che non si siano separati e quindi raddoppiati. Il mio pensiero è andato a lei. Povero tesoro di donna, in mano a bestie feroci.

Ritorno in me e gli chiedo di continuare a raccontarmi, perché, chiaramente, se mi stava chiamando qualcosa in quel “hanno ottimi risultati” non era andato bene.

” Quando abbiamo scoperto che erano tre, abbiamo chiamato il centro e lo abbiamo comunicato. Loro, fin da subito ci avevano detto che poteva succedere, che le percentuali erano alte, ma noi volevamo dei gemelli”.

NOI VOGLIAMO DEI GEMELLI. Non sapete quante volte ho sentito questa frase in quasi 11 anni di esperienza in questo settore. Molti pazienti arrivano da noi sfiniti, tanti tentativi, tanti risultati negativi, tanti aborti. Avere dei gemelli sembra essere l’unica maniera per ripagare tanti anni di sofferenza. Posso assicurare che se si potesse essere sicuri che una gravidanza gemellare avrebbe gli stessi rischi di una gravidanza unica, non ci vedrei niente di male. Ma non è così.

Continua…

“Il centro ci ha detto che era rischioso, che mia moglie poteva rischiare la vita. Ci hanno “obbligati” a ritornare lì per fare una riduzione embrionale.

“Obbligati?”- Il tono della mia voce è improvvisamente aumentato, le mie colleghe si sono girate per guardarmi.

“No, no. Non ci hanno obbligati, ma ci hanno detto tutti i rischi che correva mia moglie e che la riduzione embrionaria era quello che loro consigliavano. Ci hanno spiegato che era la cosa migliore, che avremmo “tolto” un embrione per fare in modo che la gravidanza fosse gemellare. Abbiamo deciso di partire, siamo rimasti lì 15 giorni. Per fortuna la riduzione embrionaria è andata bene. È stata dura ma sapevamo che era necessario farlo. Siamo tornati in Italia”.

Tra me e me pensavo: “il suo racconto è sereno, non sento sofferenza nella sua voce. Fortuna che hanno avuto la forza di superare quel momento”. Ma perché si stava rivolgendo a noi allora? L’orrore non era ancora finito.

Purtroppo, dopo qualche mese, abbiamo perso anche uno degli embrioni rimasti. E qualche settimana dopo, abbiamo perso anche l’altro. Adesso vorremmo riprovarci, ma trasferendo solo 2 blastocisti”.

Quando fai questo lavoro devi sviluppare un dono che molti hanno in maniera innata, si chiama “empatia”, è la capacità d’immedesimarsi nello stato d’animo altrui. Io non so se sono nata con questo dono, quello che so è che ho imparato a immedesimarmi negli altri in generale, nel lavoro in modo particolare. Immedesimarsi significa capire, mettersi al loro posto e soprattutto non giudicare mai. Non lo faccio solo con i pazienti, ma cerco di farlo anche con gli altri centri di PMA. Mi dico che alla fine tutti abbiamo lo stesso obiettivo, quello di vedere i pazienti felici con i loro bambini, non importa dove e come ci sono riusciti. Quello che però non farò mai è giustificare tale orrore. Per le cliniche di fertilità le percentuali di gravidanza sono il “bigliettino da visita”, ma se per avere delle alte percentuali bisogna mettere a rischio la vita dei pazienti e giocare con i loro sentimenti, sono la prima a puntare il dito.

“Assolutamente no”, la mia risposta è tassativa. “Noi non trasferiremo mai a sua moglie due blastocisti”. Inizialmente mi dice che non è interessato, ma non appena mi metto nei suoi panni e gli racconto quello che gli è successo, comincia ad ascoltarmi. Probabilmente quando vivi tanta sofferenza cerchi solo di dimenticarla, e una volta che ci sei riuscito, la tua esperienza si trasforma in un racconto per gli altri. Ma io volevo che lui sapesse che quello era il suo racconto, che era la sua esperienza e che non avrebbe dovuto ripeterla mai più, per niente al mondo. Lui mi ascoltava in silenzio e alla fine ha capito che la mia risposta era quella che voleva ascoltare.

Il mio dovere è quello di fare un modo che tu sappia

Spesso la sofferenza e il desiderio di porre fine al dolore infinito che si prova quando non si riesce a diventare genitori, annebbiano il buonsenso. Ho visto coppie separarsi per colpa dell’infertilità. Altre logorarsi fino allo sfinimento, unite fortunatamente da un amore molto più forte che viene comunque messo a dura prova. Ma ho anche visto gente impazzire di gioia nel momento in cui hanno stretto tra le braccia il loro bambino. La gravidanza è uno sforzo enorme per il corpo di una donna, i rischi sono sempre molto alti e fino alla fine non si sa mai cosa può succedere. L’obiettivo, o per meglio dire l’OBBLIGO di un centro di PMA è quello di fare in modo che la paziente possa correre il minor rischio possibile e arrivare alla fine della gravidanza senza complicazioni. Questo si può fare trasferendo solo un embrione per volta.

Ho voluto pubblicare questa testimonianza perché credo che il mio dovere, come professionista, ma soprattuttocome donna che lavora da anni in questo settore, sia quello di diffondere le mie conoscenze affinché nessuno debba vivere questo stesso orrore.

Angela Arlotta

arlotta.angela@gmail.com

Sono Angela Arlotta, Fertility coach con oltre 11 anni di esperienza in trattamenti di Procreazione assistita. Molti pazienti mi considerano il loro "angelo" per averli sempre seguiti con amore. Io mi considero semplicemente una persona che con umiltà e dedizione prende a cuore ogni caso e lo trasforma nella sua più grande missione: dare un appoggio scientifico ed emotivo a tutti i pazienti che devono effettuare un trattamento di PMA.

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